Dopo le vicende di piazza Navona credo sia doveroso domandarci che cosa c’è dietro il valore condiviso dell’anti-fascismo che una parte del movimento anti 133 fa proprio in un modo quasi ossessivo.
Io credo ci sia tanto. Innanzitutto dimostra quanto questa parte del movimento sia debole a livello di idee se oggi per poter mantenere insieme le numerose anime che ne fanno parte deve trasformare un valore in una bandiera con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.
E’ sufficiente infatti vedere il video su YOUTUBE sul canale OFFICINAsdc dal titolo: Occupazione delle Facoltà di S.d.C. e Sociologia Sapienza Roma, per rendersi conte della violenza verbale che tutto ciò produce.
Forse chi legge crede che tutto ciò sia lontano dalle nostre Facoltà (Sociologia e Scienze della Comunicazione) e che alla fine sono solo parole di studenti che cercano di scaldare gli animi.
Non è così! Anche da noi si sono verificate delle azioni che possono essere interpretate come un inizio di intolleranza profonda e con sfumature violente che non vanno sottovalutate. Un esempio emblematico è avvenuto qualche settimana fa quando i manifesti elettorali dei ragazzi del movimento studentesco Vento di Cambiamento, che si presenta alle elezioni per il rinnovo della rappresentanza studentesca al Consiglio di Facoltà di Scienze della Comunicazione, sono stati staccati e gettati per terra da alcuni studenti che si fanno portatori del valore dell’anti-fascismo.
Tutto ciò non è passato inosservato ad un gruppo di studenti che hanno chiesto spiegazioni a questi sedicenti anti-fascisti i quali hanno risposta che il Movimento Vento di Cambiamento è un movimento Fascista e pertanto non può avere il diritto di “esistere”.
Io ho intervistato Francesco Noè candidato nel Movimento Vento di Cambiamento che si è rammaricato di questo incidente, ma soprattutto ha ribadito che ne’ lui ne’ la Lista che lo sostiene sono dei nostalgici Fascisti, rimanendo comunque molto colpito e turbato da questa vicenda.
Tutto ciò mi fa riflettere e mi domando e vi domando... se l’anti-fascismo oggi venisse strumentalizzato per essere trasformato in una ghigliottina dove decapitare la libertà di alcuni a favore di altri?
Tutto ciò non è nuovo, ci sono esempi nella storia che dimostrano che quando partiti, movimenti o gruppi di potere di origini diverse esauriscono i contenuti pur di non sparire o percorrere la strada dell’auto critica si scagliano contro fantasmi immaginari, ingigantendoli ed usando la strategia del terrore con conseguenze che possono essere disastrose.
Io personalmente mi aspetto che tra qualche giorno prima di poter entrare nelle Facoltà dovremmo dichiarare non solo di essere anti-fascisti ma anche di sinistra per poter ancora avere il diritto di cittadinanza.
di Antonio Nesci.
11/16/2008
11/01/2008
MODALITA’ ALTERNATIVE DI PROTESTA
In questi giorni, le scuole e le università di tutta Italia stanno manifestando il loro dissenso contro la legge 133, attuata dal Ministro Gelmini. Fino a questo momento, io, studentessa della facoltà di Sociologia, ho cercato di informarmi il più possibile: leggendo i giornali, ascoltando i tg e le varie trasmissioni, e naturalmente partecipando alle assemblee indette nella mia facoltà. La cosa che più mi ha colpito della ricerca informativa che ho sentito doveroso fare, è l’aver constatato quanto subdolo, meschino e superficiale sia l’utilizzo del potente mezzo informativo. I mass media continuano a sostenere che gli studenti non conoscono il contenuto della legge, ma soprattutto non hanno a disposizione argomentazioni razionali per ribattere, poiché sono fomentati dai professori e dai movimenti di sinistra. Arrivati a questo punto, io “non ci sto più” a rimanere in silenzio, e mi piacerebbe esprimere la mia opinione a riguardo: da quando sono piccola, mi sento dire che le generazioni di adesso non valgono neanche la metà di quelle passate, peccato però che i famosi studenti del ’68 sono, in parte, quelli che oggi in politica stanno distruggendo il nostro paese. Vorrei quindi fare appello ai miei compagni di università: cerchiamo di non cadere nella trappola delle provocazioni e rispondiamo in maniera intelligente. Noi ragazzi delle facoltà di Sociologia e Scienze della Comunicazione abbiamo forse più di altri gli strumenti per combattere con la mente e il cuore una battaglia che dall’alto viene già etichettata persa, proprio perché ogni giorno studiamo materie che ci permettono di guardare la realtà al di là dell’orizzonte, svelando i meccanismi sottostanti ai problemi sociali e alle manipolazioni delle coscienze a cui i detentori del potere ci sottopongono. Prima di tutto, credo che l’unità del gruppo sia fondamentale per raggiungere il fine, quindi la collaborazione fra gli atenei dovrà essere compatta. Questo, però, non pregiudica la possibilità di creare attività alternative che mirano a mettere in luce i valori, gli ideali, gli obiettivi racchiusi nelle anime dei giovani di adesso. Nel concreto, ritengo che organizzare le lezioni all’aperto sia un’ottima idea. Ma si potrebbe fare di più… il fine settimana sarebbe l’ideale, perché senza bloccare la didattica continuiamo a portare avanti i nostri scopi. Ad esempio si potrebbe organizzare una giornata di tutela dell’ambiente nella nostra città, scendere quindi nelle strade per una raccolta rifiuti. Si creerà disagio, ma per un obiettivo importante; oppure organizzare un pranzo sociale di aiuto ai bisognosi, che, se pur spesso invisibili, fanno parte della nostra società e hanno diritto di essere considerati e non dimenticati; o ancora si potrebbero organizzare dei concerti aperti al pubblico in cui, secondo una scaletta, chiunque si possa esibire; sarebbe utile, inoltre, creare una fiaccolata con docenti, studenti, genitori e chiunque voglia aderire… queste e tante altre possono essere le idee da concretizzare per sensibilizzare non solo il governo e la popolazione, ma anche tutti quei giovani europei che in questo momento grazie ai mass media hanno un giudizio negativo dei giovani italiani, dipinti come “fannulloni”. Inoltre, tutte queste iniziative dovranno avere un continuo legame con i media, per far saper loro che ogni attività in atto ha lo scopo preciso di eliminare la legge. La battaglia sarà lunga, però mi piacerebbe che un giorno i miei figli studiassero come i giovani studenti dell’anno 2008 fossero capaci di combattere, senza lo strumento della violenza, non solo contro una legge, ma anche contro i pregiudizi che i potenti e la società civile avevano nei confronti delle nuove generazioni. Non ho intenzione di entrare nel merito dei contenuti della 133, soprattutto perché tali argomentazioni vengono già ampiamente dibattute durante le assemblee studentesche. Ciò che mi interessa è riflettere sull’importanza, ma soprattutto sull’efficacia, di determinate modalità di protesta; in particolare mi chiedo: in un’ottica in cui il presupposto del movimento studentesco sia la lotta ad una legge che trasforma il diritto all’istruzione in un servizio a pagamento, quanto senso ha manifestare il proprio dissenso attraverso occupazioni oppure blocchi della didattica? Non vi sembra che sia contraddittorio battersi in nome di un principio, attraverso, però, forme di “auto-negazione” del principio stesso? E’ possibile, allora, che in questo modo noi alimentiamo ulteriormente il pregiudizio dei media, dando loro terreno fertile sul quale “sparare sentenze” superficiali riguardo legittime manifestazioni di dissenso? Invito soltanto ad una attenta riflessione sulle conseguenze delle nostre azioni.
di Sara Monsù
di Sara Monsù
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