5/31/2008

Pomezia Scienze della Comunicazione Roma

Benedetta Cosmi accetta l’invito e scrive un articolo per la Redazione di Straparlo, giornale universitario degli studenti di Pomezia, lo pubblichiamo anche su "Off-line" perché parla di noi.
C’è un Consorzio, le aziende sono vicine, gli assessori anche, non trovi il Preside, il Rettore neanche a dirlo, la biblioteca non c’è. Che cosa è? La realtà universitaria di Pomezia. Strano per chi ci giunge da Piazzale Aldo Moro o da Via Salaria; mi piacerebbe fare un riassunto rappresentativo; e il termine non è casuale per chi da tre anni è presso il consiglio di Facoltà di Scienze della Comunicazione della Sapienza, rappresentante degli studenti.
È dalla triennale che mi ripromettevo che sarei andata almeno in visita presso la mia sede distaccata, al Campus Selva dei Pini.
In zona Cesarini, ce l’ho fatta. Questo articolo nasce perché mi sento in colpa. Ho sfruttato la "trasferta" di Radio Sapienza per non mancare, ma ce ne ho messo di tempo, oltretutto è lasciato alla spontaneità invece dovrebbe essere un appuntamento istituzionalizzato quello con rappresentanti e presidenza. Era un venerdì e a maggior ragione desolante da trascorrere nel cortile della nostra sede romana, poco affollata perché la maggior parte degli iscritti tra fuorisede e pendolari erano già in partenza per mete extra-universitarie. Non escludo che il processo che vorremmo avviare, "La Comunicazione degli studenti", non ci porti invece presto a trascorrere la domenica insieme alternando film, dibattiti, reading, tornei, sport, finalmente sport per noi della città, finalmente i grandi eventi culturali firmati Sapienza anche da voi,… altrimenti sede distaccata sa di difetto affettivo.
Io credo che Pomezia meriti Rappresentanza nei cdf! Invito a pensare alle vostre candidature per il rinnovo che avverrà a Novembre 2008. Lascio una mail per contattarci: comfusi@gmail.com, seppur con un ritardo vergognoso oggi sono consapevole di avere colleghi "legittimi", quasi userei la metafora della fiction del momento, per rendere l’idea che dobbiamo fare i conti con una famiglia allargata, quella che la Sapienza ormai è. Prometto di realizzare alcune delle iniziative approvate col
Prof Mario Morcellini, proprio la mattina di quel venerdì, anziché nelle solite strutture, presso la vostra pineta, se non intorno alla piscina nonostante il buon periodo, certamente di fronte il campo da tennis; e anche la letteratura ci viene incontro, penso ai Giardini dei Finzi Contini. A quel connubio esercitato dai suoi protagonisti. Magari festeggiamo anche le lauree lì, come nelle atmosfere de "Il ballo di fine anno", che ricorda i college, ma se il polo pontino ha un quid in più certamente è questa atmosfera. Mettiamo su un palinsesto, per vederci a Pomezia.

5/13/2008

Anche Roma mettela freccia a destra


Se la vittoria di Berlusconi alle elezioni politiche era decisamente prevedibile, molto meno lo era quella di Gianni Alemanno nella corsa al Campidoglio. Il candidato di An è il nuovo sindaco di Roma, con un distacco di circa il 7% su Rutelli al secondo turno. Sul successo di Alemanno ha influito sicuramente la “svolta a destra” dell’Italia, accentuata nel ballottaggio dalla voglia di salire sul carro del Pdl da parte di molti e dalla delusione di una parte dell’elettorato di centro-sinistra.
Ma la vittoria dell’ex ministro dell’Agricoltura trova alcune spiegazioni anche nella capitale. Innanzitutto va detto che Alemanno, ex Fronte della Gioventù e Msi, incarna una destra sociale che a Roma gode di un certo seguito. Ma oltre alle motivazioni ideologiche c’è dell’altro: se si pensa che due anni fa Veltroni aveva battuto Alemanno al primo turno, si capisce come la politica dell’attuale leader del Pd abbia lasciato parecchio malcontento. Per molti Veltroni si è preoccupato troppo dell’immagine mediatica della città (Notte bianca, Festa del Cinema, ecc.) e troppo poco dei problemi quotidiani dei romani, soprattutto nelle periferie, dove il successo del centro-destra è stato ancora più netto. Anche la scelta di candidare Rutelli, già sindaco due volte, forse non è piaciuta a tanti: non si può infatti trascurare il voto disgiunto di 60mila elettori che hanno scelto il candidato
del Pd Zingaretti alla Provincia e Alemanno al Comune. Ma l’elemento che probabilmente ha spianato la strada al trionfo elettorale del Pdl anche nella città eterna è rappresentato dai recenti dibattiti sulla sicurezza. Hanno fatto breccia nei cittadini della capitale i proclami xenofobi e razzisti della destra, proprio mentre i media hanno amplificato a dismisura l’”emergenza sicurezza”. Cero è che quando uno schieramento politico possiede e gestisce i mezzi d’informazione è più facile per questo alimentare nelle persone bisogni su cui poi basare la campagna elettorale. Questo non significa che la sicurezza è un problema inesistente o esclusivamente calato dall’alto. E’ vero infatti che una consistente percentuale di alcuni tipi di reati è commessa da immigrati irregolari, ma è anche vero che l’immigrazione è accettata, e sfruttata, da quel mondo imprenditoriale così vicino al centrodestra che prima richiede manodopera a basso costo e poi si scaglia contro gli extracomunitari per ottenere consensi. E stavolta di consensi ne ha ottenuti molti.
Andrea Pranovi
andrea.pranovi@underpress.it

Una festa zoppa


Venerdì 25 aprile io ed Antonio Nesci eravamo in manifestazione: insieme ad altre quarantamila persone abbiamo camminato da Porta San Paolo a Piazza Vittorio Emanuele, e ne abbiamo approfittato per guardarci attorno, raccogliere qualche intervista e capire quali fossero le opinioni ed i sentimenti dei cittadini lì presenti.
La prima impressione si è poi rivelata essere la compagna della manifestazione: troppe bandiere di partito, troppe falci e martello o simboli del Piddì. Sono troppo giovane per sapere con certezza cosa sia successo nella storia politica e culturale del nostro Paese perché la giornata della Liberazione divenisse una festa di parte. Lo posso immaginare: una scuola sempre più scandalosa col passare degli anni (alcune ragazze delle superiori ci hanno detto di non aver mai letto Fenoglio, Calvino o Pavese), una società di massa rincoglionita dalla televisione, politici rampanti che strumentalizzano la Storia a proprio consumo o che la ignorano indecentemente
- come il prossimo Presidente del Consiglio che non ha mai celebrato il 25.
Se lo ficchino bene in testa, coloro che pensano alla Liberazione come una cosa sorpassata: se siamo qui a parlare, a studiare, a discutere per differenti posizioni politiche, lo dobbiamo a quei liberali, a quei comunisti, a quei cattolici, a quegli anarchici, a quelle persone semplicemente libere che dall’8 settembre 1943 si ribellarono all’oppressione nazi-fascista. E invece no, ci si ritrova in manifestazione per il 25 Aprile immersi in un’atmosfera palesemente di sinistra, perché a questo punto,msiamo arrivati: dacché fu dell’intero popolo italiano, oggi la Liberazione è una festa di parte. E a me sta cosa fa schifo. Al sig.Malaguti, all’epoca il partigiano Biondino, abbiamo chiesto cosa rimane della Resistenza oggi. “Rimane la Costituzione”, ci ha risposto.
La Costituzione è di sinistra o della Repubblica democratica? Il cittadino di destra gode o no dei diritti sanciti nella nostra carta costituzionale? E allora perché la manifestazione del 25 è tinta di rosso? Attenzione, non dico che la colpa sia della destra: può essere che la sinistra abbia strumentalizzato la Liberazione, e quindi lo schieramento avverso - a torto - se n’è tirato fuori. Non lo so. Credo che il peccato originale risieda nella degenerazione della società e del valore della memoria a cui ci siamo abbandonati. A cui ci hanno abituati. Io non me la sentirei di dare del cretino ad un sedicenne che non sapesse spiccicarmi due parole in croce, profonde, sul senso della Liberazione. Se non ne fosse capace, sarebbe una vittima: è la scuola a non averglielo insegnato. O la famiglia. In manifestazione abbiamo intervistato un bambino che era lì coi genitori, avrà avuto otto anni. Sua madre ci aveva detto che il giorno di Pasquetta l’hanno portato a visitare le Fosse Ardeatine. “Tullio, che ricordo ne hai?”. La sua risposta semplice arriva dritta al cuore, e mi fa credere che le parole dell’innocenza andrebbero ascoltate molto più spesso, sempre: “Mi ha messo tristezza pensare a quella gente innocente che è stata presa ed uccisa senza motivo”. È stata la povera gente, innanzitutto, a subire l’oppressione. Quel bambino, inconsapevolmente, ha espresso uno stesso concetto di Piero Calamandrei: “Sono le lacrime e il sangue del popolo che hanno cementato i muri maestri della Costituzione italiana”. Le generazioni possono ancora parlarsi, senza bandiere e colori. Basterebbe che ogni giorno venisse rispettata una manciata divalori: quelli per cui sono morti i padri della nostra Repubblica.
Daniele Ferro
daniele.ferro@libero.it