
I più attenti avranno notato, qualche settimana fa, lo scarso rilievo dato alla notizia di uno stupro di una donna rumena commesso da un italiano. I giornali le hanno dedicato poco spazio, molto meno di quello che tutte le testate avevano riservato allo stupro commesso a Roma da un uomo di nazionalità rumena.
Perché due stupri vengono trattati in modo differente? Entrambi sono avvenuti in Italia ed entrambi hanno visto come vittima una donna straniera. L’unica risposta possibile sembra essere che a differenziare le due notizie sia la nazionalità dell’aggressore: quando lo stupratore è rumeno prime pagine, interviste, inchieste, ecc., quando lo stupratore è italiano ci si può fermare ad un trafiletto. La discriminazione tra due persone, anche se si tratta di due stupratori, sulla base della propria etnia ha un nome ben preciso: razzismo. Oggi fa notizia la violenza di un extracomunitario, quella di un italiano no: nella gente si alimenta così una
percezione di insicurezza che porta ad atteggiamenti e a comportamenti xenofobi. Se il giornalismo ha l’obiettivo di far conoscere la verità al pubblico, i mezzi di comunicazione non possono continuare a distorcere
la realtà cavalcando l’odio verso lo straniero che sta caratterizzando la società italiana in questo periodo, un odio a cui ha ben contribuito uno schieramento politico, da cui i media, almeno quelli che non ne sono direttamente controllati, dovrebbero cercare di non farsi sottomettere.
A questo proposito Roberto Natale, presidente della Fnsi (Federazione Stampa Nazionale Italiana) ha dichiarato all’Ansa che "la fine della campagna elettorale e la differente attenzione della politica sono un problema che riguarda i partiti e la frequente strumentalità dei loro interventi. Ma l’informazione dovrebbe avere un metro di misura
delle notizie più omogeneo, più autonomo, e non subalterno alle logiche della lotta politica. E’ bene ricordarlo, nel momento in cui le questioni della sicurezza hanno assunto una rilevanza centrale nel dibattito pubblico.
E’ importante che chi fa informazione senta per intero la responsabilità di scelte professionali che, con il silenzio o con l’enfatizzazione, possono avere un impatto assai pesante sulla convivenza fra italiani e stranieri.
Una notizia è una notizia sempre". Ma a quanto pare le parole di Natale non sembrano state accolte da molti giornalisti. Uno di questi giorni infatti il Tg2 ha trasmesso un servizio che racconta di una ragazza musulmana, residente con la famiglia in Italia, vittima di violenze a casa per i suoi comportamenti ritenuti troppo "occidentali" dal padre. La vicenda è triste, ma nei mezzi di comunicazione è chiaro l’intento di voler costruire lo stereotipo dell’islam come religione intransigente e violenta. Se si pensa
che i dati indicano che la maggior parte delle violenze sulle donne avviene nelle mura domestiche, come mai fa notizia la violenza che avviene in una casa abitata da musulmani e non quei tanti episodi che avvengono in famiglie italiane? Anche questoè razzismo.
Andrea Pranovi
andrea.pranovi@underpress.it