10/17/2008

Assemblea organizzata dall UDU per discutere della legge 133/08





La facoltà è deserta, sono appena le 9. Apprendo da alcuni fogli attaccati ai muri che verso le 12 ci sarà un'assemblea per protestare contro la legge 133/08, in Aula Magna. Ne avevo sentito parlare poco di questa legge. Forse perché – penso – ai media fa più comodo così. Forse perché l'informazione è nelle mani di chi ci governa.
Decido allora di prendere il mio portatile e di andare su internet per trovare il testo di questa legge. Tante sono le cose che i medi non dicono. Facile parlare di tagli al finanziamento, delle solite proteste (dipinte come isolate) di varie facoltà. Non si tratta di un solo definanziamento. Parliamo di una riduzione del turn-over dei docenti che, in cinque anni, porterà ad un'assunzione ogni 5 pensionamenti. Insomma, un buon modo per accusare gli accademici di pesare alle casse dello stato.
La cosa più grave è però un'altra: trasformare l'istruzione da un diritto per tutti ad un bene individuale. Le università potrebbero diventare fondazioni in grado di ricevere finanziamenti privati.
Alle 12, in Aula Magna, si respira un'aria rabbiosa. Questo governo di pura immagine sta distruggendo la sostanza di ogni cosa. E parliamo dell'Italia, popolo di santi, navigatori ma anche di artisti. La cultura non può essere un bene da erogare da qualche azienda con interessi capitalistici.
Il primo a parlare è uno studente che racconta della riunione avvenuta in A1 il giorno precedente. Ci saranno state – dice – circa 30 persone. Da questa prima assemblea sono emerse delle richieste: sospensione della didattica e forme di sensibilizzazione, da parte dei docenti nelle ore di lezione. Quest'ultimo è un punto molto importante: se i mass-media non informano gli studenti di ciò che sta accadendo, ci penseranno i professori.
Ciò che conforta è che, nello scrutare l'aula, ci sono non solo tanti studenti ma anche molti docenti e rappresentanti del personale tecnico-amministrativo.
Interviene, ad esempio, il prof. Luciano Zani, Preside di Sociologia, che si dichiara sostenitore del “collettivismo d'azione” e fa notare come nel 2009, molto probabilmente, non sarà assunto nessun ricercatore per la prima volta nella storia. Subito dopo di lui, interviene il prof. Mario Morcellini, Preside di Scienze della Comunicazione, che auspica un fronte di protesta organizzato piuttosto che violento. Egli fa capire che, per catturare l'attenzione dei mass-media, è necessario un fronte compatto e deciso.
Tanti sono i docenti che fanno sentire la propria voce. Una tra queste è Maria Stella Agnoli, di Sociologia. Da lei apprendiamo che la questione relativa alla legge 133/08 è già stata discussa al CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane). La professoressa afferma che è necessario realizzare un tavolo tecnico per analizzare più nello specifico la legge. Senza un'approfondita conoscenza di essa, non si può scendere in campo a combattere.
Si tratta di un'opinione condivisa da molti studenti. Bisogna sapere cosa si ha di fronte, capire che cosa veramente si vuole. Solo allora si potrà agire. Molti studenti fanno notare, il progressivo smantellamento dell'istruzione.
Che la cultura sia il nemico di questo governo lo si era capito da tempo. Lo fa notare anche Giulia Rodano, assessore alla cultura della Regione Lazio, intervenuta anch'essa in assemblea. Ella sostiene che si deve ridare dignità all'ambito accademico. I professori appaiono sempre più come perditempo e fannulloni.
Ecco, quindi le proposte emerse in assemblea: costituire un gruppo tecnico di analisi della legge in questione, dedicare un quarto d'ora delle prossime lezioni alla discussione su questo tema, proporre il blocco didattico.
Sono quasi le 14. La gente inizia ad abbandonare i propri posti. Per la prima volta, però, noto un certo attivismo, una voglia di agire, un desiderio di cambiare le cose. Professori, studenti, personale amministrativo: tutti uniti assieme per dire no. Per la prima volta noto che la propaganda di distrazione e rammollimento di massa sta mostrando i suoi cardini.
di Marco Pennacchia

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