
Che sia un giovedì diverso rispetto agli altri si capisce già dalla mattina. Sono circa le 11. Arrivo a piazzale Aldo Moro ed incontro un cordone di studenti che sta per entrare nell'università. Davanti ad esso ci sono le forze dell'ordine. Seguo il flusso di gente che procede
fino alla statua della Minerva. L'assemblea è stata programmata per le 12, in Aula Magna, ma la gente è già tanta. Le scale che portano al rettorato sono occupate, così come la piazza dove
sorge la statua. C'è chi è soltanto incuriosito dai cori e non capisce cosa stia succedendo, chi, invece, è lì per far valerei propri diritti. Poco prima di mezzogiorno, gli scherni lasciano il posto
alle riflessioni. Il dibattito inizia e si tiene fuori, perché si è in troppi per poter entrare in Aula Magna.
Tante sono le facoltà che fanno sentire la propria voce. La prima a parlare è una ragazza di psicologia, che racconta di alcune assemblee, tenute nella sua facoltà, dove ha partecipato pure il Preside. Subito dopo interviene uno studente di fisica, che racconta di una settimana di incontri nei quali si è discussa la legge 133/08 per intero. Nella sua facoltà, dice, si vuole
costituire un “laboratorio permanente” di analisi della situazione. Gli studenti di fisica propongono il blocco della didattica che dovrà essere spiegato in tutte le motivazioni. Opinione condivisa anche da una ragazza di giurisprudenza, che non sopporta il fatto che sia l'università a dover pagare i buchi del governo. Ci sono anche ingegneria, economia, sociologia, scienze della comunicazione, scienze politiche. Anche medicina è presente, ed una studentessa racconta di come per la prima volta, in questa facoltà, ci sia stata una mobilitazione.
Dunque tante voci, che sono seguite da un intervento molto importante: quello di Luigi Frati. Il nuovo rettore della Sapienza esprime tutto il proprio dissenso per la privatizzazione dell'università, definita “una cretinata” e “al di fuori di ciò che detta la costituzione”. Tuttavia,
afferma che il problema è già insito da tempo nell'ambito accademico: la legge Berlinguer è più una legge per i professori che per gli studenti. Questo rende i corsi di laurea incapaci a “formare”. Inoltre, le strutture sono quelle che sono. Tutto ciò fa decadere il valore della cultura, non solo la legge 133. Frati parla, poi, del blocco della didattica definendolo “una soluzione immatura” perché c'è bisogno di una riflessione comune. Conclude il suo intervento rimandando alle decisioni del Senato Accademico. Dopo il discorso del rettore, qualche persona inizia ad andare via. Non tutti. Centinaia di studenti decidono di organizzare un corteo. La destinazione è via XX settembre 97, il Ministero dell'Economia. Mentre marciamo con loro, l'atmosfera che si sente è amichevole. Si crea quasi un senso di comunità, testimoniato dai tentativi di coinvolgimento ma anche dai saluti che provengono dalle macchine e dalle finestre
aperte.
Si respira un'aria che sa di un passato sentito ormai come troppo lontano.
di Marco Pennacchia
Nessun commento:
Posta un commento