
Il governo è caduto. Un ramo del parlamento ha negato la fiducia a Prodi, così come era accaduto nel 1998. Dieci anni fa fu Rifondazione Comunista alla Camera, ora è stata l’Udeur di Mastella al Senato a sancire la sconfitta del Professore. Ma la vera differenza sta nelle motivazioni: nel ’98 si trattò di ragioni politiche, stavolta invece si può parlare di questioni personali.
La crisi di governo è stata infatti aperta da Clemente Mastella, ministro della Giustizia, senatore e capo dell’Udeur. Indagato per alcuni presunti reati commessi in Campania assieme alla moglie, arrestata, Mastella ha deciso di dimettersi da guardasigilli. Pochi giorni dopo arriva la notizia che l’Udeur si sfila dalla maggioranza e non voterà la fiducia al governo, che a Palazzo Madama ha una maggioranza risicata. Mastella motiva la sua scelta ufficialmente con “la mancata solidarietà” che avrebbero dovuto dargli le altre forze del centro-sinistra (come se avesse dimenticato quei vergognosi applausi bipartisan durante il suo discorso nel passo in cui ha attaccato la magistratura). Tuttavia non bisogna essere molto maliziosi per pensare che a determinare la scelta del suo partito sia stato il fatto che ormai non c’era più la “poltrona” da ministro da mantenere. Ma c’è anche chi legge la questione come un tentativo di bloccare una possibile riforma elettorale che avrebbe impedito ai piccoli partiti come il suo di poter ricattare un’intera maggioranza di governo. E, infine, qualcuno ha sottolineato la vicinanza temporale tra le accuse di Bagnasco al governo per la vicenda della visita di Razinger all’università e l’annuncio di Mastella. Fatto sta che, qualsiasi sia la ragione, Mastella ha provocato la caduta del governo e, con molta probabilità, riconsegna così il paese in mano a Berlusconi.
Ora il centrodestra, fino a ieri spaccato, si è immediatamente ricompattato per chiedere elezioni anticipate. Il centrosinistra invece propone l’ipotesi di un governo istituzionale che faccia, prima di tornare alle urne, una riforma elettorale, anche se probabilmente l’obiettivo di Veltroni è evitare il voto immediato perchè sa che in questo momento l’impopolarità che aveva raggiunto l’Unione potrebbe portare a una vittoria larghissima del Cavaliere.
Il problema del centro-sinistra non è risolvibile con una riforma elettorale, poiché il nostro è un Paese in prevalenza berlusconiano: anni delle tv commerciali del Biscione hanno avuto il loro effetto sulla mentalità e sulla cultura italiana. Per sconfiggere Berlusconi si è creata una coalizione troppo ampia, troppo eterogenea, che sin dal primo giorno di governo è stata caratterizzata dalle liti interne (sinistra radicale e riformisti, diniani e democratici, mastelliani e dipietristi, e chi più ne ha più ne metta). Una coalizione di questo tipo non può governare, e questo per il centrosinistra deve essere un’importante lezione per la prossima campagna elettorale. Forse, sarà meglio iniziare a fronteggiare Berlusconi non su un piano esclusivamente elettorale, che poi come si è visto porta comunque a governi divisi all’interno e immobili, ma sul piano di programmi politici. In altre parole, sarà meglio mettere da parte l’ambizione di governare e dedicarsi invece a fare un’opposizione seria, basata sui contenuti e non, come è stato in passato, semplicemente sull’anti-berlusconismo.
La crisi di governo è stata infatti aperta da Clemente Mastella, ministro della Giustizia, senatore e capo dell’Udeur. Indagato per alcuni presunti reati commessi in Campania assieme alla moglie, arrestata, Mastella ha deciso di dimettersi da guardasigilli. Pochi giorni dopo arriva la notizia che l’Udeur si sfila dalla maggioranza e non voterà la fiducia al governo, che a Palazzo Madama ha una maggioranza risicata. Mastella motiva la sua scelta ufficialmente con “la mancata solidarietà” che avrebbero dovuto dargli le altre forze del centro-sinistra (come se avesse dimenticato quei vergognosi applausi bipartisan durante il suo discorso nel passo in cui ha attaccato la magistratura). Tuttavia non bisogna essere molto maliziosi per pensare che a determinare la scelta del suo partito sia stato il fatto che ormai non c’era più la “poltrona” da ministro da mantenere. Ma c’è anche chi legge la questione come un tentativo di bloccare una possibile riforma elettorale che avrebbe impedito ai piccoli partiti come il suo di poter ricattare un’intera maggioranza di governo. E, infine, qualcuno ha sottolineato la vicinanza temporale tra le accuse di Bagnasco al governo per la vicenda della visita di Razinger all’università e l’annuncio di Mastella. Fatto sta che, qualsiasi sia la ragione, Mastella ha provocato la caduta del governo e, con molta probabilità, riconsegna così il paese in mano a Berlusconi.
Ora il centrodestra, fino a ieri spaccato, si è immediatamente ricompattato per chiedere elezioni anticipate. Il centrosinistra invece propone l’ipotesi di un governo istituzionale che faccia, prima di tornare alle urne, una riforma elettorale, anche se probabilmente l’obiettivo di Veltroni è evitare il voto immediato perchè sa che in questo momento l’impopolarità che aveva raggiunto l’Unione potrebbe portare a una vittoria larghissima del Cavaliere.
Il problema del centro-sinistra non è risolvibile con una riforma elettorale, poiché il nostro è un Paese in prevalenza berlusconiano: anni delle tv commerciali del Biscione hanno avuto il loro effetto sulla mentalità e sulla cultura italiana. Per sconfiggere Berlusconi si è creata una coalizione troppo ampia, troppo eterogenea, che sin dal primo giorno di governo è stata caratterizzata dalle liti interne (sinistra radicale e riformisti, diniani e democratici, mastelliani e dipietristi, e chi più ne ha più ne metta). Una coalizione di questo tipo non può governare, e questo per il centrosinistra deve essere un’importante lezione per la prossima campagna elettorale. Forse, sarà meglio iniziare a fronteggiare Berlusconi non su un piano esclusivamente elettorale, che poi come si è visto porta comunque a governi divisi all’interno e immobili, ma sul piano di programmi politici. In altre parole, sarà meglio mettere da parte l’ambizione di governare e dedicarsi invece a fare un’opposizione seria, basata sui contenuti e non, come è stato in passato, semplicemente sull’anti-berlusconismo.
Andrea Pranovi
andrea.pranovi@underpress.it
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